sabato 28 maggio 2016

TOPECA

La prima cosa che mi ha fatto scegliere di leggere questo libro è il titolo. Cosa sarà mai questa o questo Topeca. Che razza di parola è. Topeca. TO PE CA. T O P E C A. Me la giro e rigiro tra i denti. Non mi dice nulla. Sembra quasi il nome di una città nel deserto dell'Arizona.

L'autore, Michele Orti Manara, fa iniziare il libro con una scena spettacolare, come la miglior cinematografia hollywoodiana ci insegna. Avvince subito il lettore in un turbinio di involontario eroismo. Poi però cambia registro, pur deliziando palati sopraffini con termini da cercare sul vocabolario. Uno su tutti: prossemica.

Una delle poche cose di cui Topeca è certo, con precisione pressoché scientifica, è che chiunque, per quanto insignificante o misero possa sentirsi, abbia la reale possibilità di cambiare il mondo.”

Si direbbe persino una massima buddista.
Atri gioiellini di ironia sparsi qua e là nella vita grigia non grigia del Topeca, che però, pur gradevole la narrazione, restano uniche fonti di stupore.

Tartare di polpo con vellutata di radicchio e capperi salati. Ora, dello scetticismo di Topeca verso il cibo con nomi buffi si è già detto. Trovarli tutti insieme in un unico piatto ha però del prodigioso ”

Dopo averci pensato a lungo, Topeca si è ormai persuaso che il segreto della felicità, per lo meno della sua, stia nel metodo. Quale metodo be', questo Topeca non ha la presunzione di saperlo con certezza.”

Finalmente il finale riscatta la monotonia della vita (e della lettura), lasciando commentatore (e lettore) con la curiosità di sapere quale sia l'ossessiva lettura di quest'uomo dall'improbabile nome di una città dell'Arizona.

Consigliato a chi cerca l'umorismo sottile per combattere la vita grigia e a chi fosse interessato ad arricchire il proprio vocabolario.

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