venerdì 27 ottobre 2017

M'ILLUMINO DI MENSOLE

MATTINA è un composizione di Giuseppe Ungaretti composta di due soli versi: “M'illumino d'immenso”. Roberto Marzano si è divertito a trasformarla. Un Poeta Maiuscolo deve partire dai Grandi, parafrasandoli. Un Poeta Maiuscolo e Ironico, anzi, Auto-Ironico deve creare poesia giocando e divertendo i suoi lettori. Giocate allora a riconoscere l'ispirazione parafrasata di questi versi:

Dove si sta
come d'estate
le uova strapazzate

Provare ai denti quanto sia “dolce il naufragar”

L'azione del divertire va intesa secondo il suo stesso etimo: dal latino divertĕre ‘volgere altrove, deviare’, non solo fisicamente, nel senso dello spazio, da un'altra parte, in luoghi altri dal solito, ma anche mentalmente, allontanarsi dall'abitudine del quotidiano, dal già detto, dal già fatto. A tale scopo, se la tradizione poetica del romanticismo utilizzava un linguaggio aulico, quella dei moderni cercava di scardinare l'aulico con accostamenti inusuali (l'immenso che illumina), quella dei contemporanei gioca con le parole grazie a ironia e auto-ironia. In questo atteggiamento, si inserisce il Marzano, già dal titolo della silloge, lo stesso del componimento d'apertura che riporto integralmente:

M'ILLUMINO DI MENSOLE
M'illumino di mensole
- il sole non mi basta -
degli scaffali densi
di tomi tosti esposti
a polvere di occhi
che li hanno divorati
in ore di abbandono
a cuore palpitante
di mensole m'illumino
dei dorsi rossi e gialli
affastellati in file
dall'equilibrio incerto
e nell'angolo più bello
lampeggiano i più amati...

Confesso di aver minuziosamente passato al setaccio della mia libresca cultura i tomi rappresentati nella foto che accompagna questa poesia per scoprire quali siano “i più amati” dal Poeta ma, oltre ad un Thomas Pinchton ed un Pirandello, non sono riuscita a trovare l' “angolo più bello”. Il Marzano applica la regola del divertĕre: superata la metà della poesia, il titolo si ribalta, diventando “di mensole m'illumino” ribadendo il concetto che per un letterato, più che l'immenso, conta la materialità dei libri, opportunamente supportati da scaffali, mensole appunto.

In un'altra poesia, CLONAZIONE DA TIFFANY, il Marzano ancora gioca sulle assonanze, parafrasando un noto film di successo, allo scopo di attuare una sferzante critica sulla contemporaneità, che ci vuole tutti omologati negli affrettati consumi di tutto, cultura compresa:
per tuttologi emergenti dall'etere fognario”
se hai, sei, se non hai, che vivi a fare”.
Critica sociale feroce che torna in altri componimenti, come RAGGI X contro bavosi baciapile o LA MIA GENOVA che denuncia le manganellate della polizia, o CASE IMPOPOLARI contro il degrado strutturale, LISABETH che contrasta razzismi e violenza,

Lasciatevi sorprendere da LA PRESA DELLA PASTIGLIA (sì, Pastiglia, non Bastiglia) che non vi riporto qui, perché è un concentrato del sistema a divertĕre, con continui ribaltamenti di significato, fonetici rimandi inaspettati, perfino citazioni televisive.

E qua e là, l'autoironia la fa da regina, come in A CHIEDERMI IL PERCHE', in cui, dopo aver elencato diverse azioni amorose e romantiche che avrebbe dovuto compiere, ci riporta la sua amara scoperta:
ma, non avrei dovuto dimenticare l'ombrello
e trovarti avvinghiata a quello del piano di sopra
sul pavimento nudo della cucina,
no, non avrei dovuto...”

O ancora auto ironia, in IL CONGUAGLIO, dove una coppia, a causa di subitanei licenziamenti in tronco, si dibatte tra bollette impagabili e pensieri suicidi:

A nulla è servito barcamenarci
tra gli sconti e le offerte sempre più audaci
(...)
ora siam qui di fronte alla finestra
indecisi se aprirla e buttarci nel vuoto
o chiuderla bene e aprire il fornello
trovando nel gas un qualche rimedio
ma facciamolo subito,
prima che taglino anche quello...”

E ancora giochi di parole attualizzati in DOWNLOVE – l'amore ai tempi di Facebook e in COSCE DI POLLOK, oppure in CATETI INCERTI, dove il Marzano alterna a bella posta conoscenze matematiche artistiche o informatiche.

In PRAMA IAGA prova con la metasemantica alla Fosco Maraini, sebbene debba ammettere non con lo stesso risultato. Meglio ne IL BLAMIO SINTO.

E tra “brivido etilico” de UN UOMO CORRETTO (verrebbe a dirsi come il caffè), lezioni di punteggiatura ormai dimenticata da tutti ne IL TUTTO, “tagliando ben sottil l'indivia amara/distratto lì m'affetto un polpastrello” ne L'INSALATA CON DITA, “le stazioni sono purgatori di silenzio/macchiati dal gracchiare degli altoparlanti” per introdurci alla visione dantesca della strage di Bologna in NE AVREI AVUTO IL TEMPO, alcune monovocaliche, o monoconsonantiche, esercizi cari al Marzano, lezioni di grammatica e lessico in PROTESO ALL'INFINITO, un altro titolo fallace SCEMI DI ZUCCA, una A TUA SORELLA che voglio riportare per evidenziare il gioco (che il Marzano adora spesso fare) dei concatenamenti illogici:

E se un'ombra di logica perVersa
un po' di sangue freddo polaRe di picChe
hai combiNato sotto il segno dei
pEsci subito da questa stanza da letto
a due piazze d'armi da fuoco e fiamMe
lo aspettavo il treno in riTardo
MedioEvo/lution-Turbo la quiete pubblica
il tuo roManzo allevato a terra dei caChi
tace acconSente/nza definiTiVa bene
che non se n'è acCorto circuito chiuso
per ferie al mare e Monti a cavallo
di Troia lo dici a tua sorella!

mi accorgo che, tranne nell'ultimo esempio, un'imprevista quantità di poesie termina con tre puntini di sospensione … come se non fosse finita, forse a significare l'estrema prolificità del Marzano.

Fino a SON'ETTO dove l'autore si sperimenta col sonetto endecasillabico appunto, ma stravolgendo quello dantesco. Conclude con una poesia in sorta di epitaffio, a conferma della propria auto-ironia, ma non ve la riporto. Leggetela con la gioiosa mestizia di chi ha compreso l'animo del Poeta.

Consigliato a chi ama mettersi in gioco, a chi ama scoprire l'animo umano celato tra le pieghe dell'ironia, a chi ama rinverdire i rimandi poetici che fanno della Poesia, STORIA.

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